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La Stampa (Milano) Domenica 31 Marzo 1996 |
Le mani su Beethoven | History Home |
Una incredibile Genio arruolato da destra e sinistra "fortuna politica" LONDRA Germania!> Che le credenziali repubblicane e libertarie di Beethoven derivassero dalla Rivoluzione francese era un particolare che i militaristi, convinti di unire "la fanteria e la cavalleria" nell' Eroica , sceglievano di ignorare. Fra tutti, Wagner è il principale colpevole dell'equazione tra arte e gesta "germaniche" di Ludwig van (contestatissimo da Nietzsche, per il quale Beethoven era l'Europeo del futuro). Mentre Engels, innamorato dell' Appassionata , rimaneva curiosamente neutro sull'ideologia della musica beethoveniana, le interpretazioni razziste fiorivano. Il protonazista Houston Stewart Chamberlain, portavoce di Bayreuth, discerneva in Beethoven "la lingua di una razza superiore". La pseudoscienza eugenetica di fine secolo si preoccupava, quarant'anni prima di Hitler, di trovare a tutti i costi tratti nordici nel viso del compositore e reagiva furiosamente quando la Lega contro l'antisemitismo rilevava che "Beethoven era piccolo, con la testa larga, i capelli neri e la pelle bruna". Nel frattempo il movimento socialista coltivava l'immagine del compagno Beethoven. La Nona era in special modo la profezia della vittoria a venire per la causa dei lavoratori. La "prima" assoluta della sinfonia, "eseguita dagli operai, per gli operai" fu il grande evento del 1905. "E' stata creata per le masse, e solo oggi le ha raggiunte", scrisse l'ideologo Eisner, per il quale le esecuzioni della musica beethoveniana sarebbero dovute diventare il catechismo dell'anima rivoluzionaria. Ma durante la prima guerra mondiale ben poche voci, salvo le eccezioni pacifiste alla Hesse, si levarono per protestare contro i manifestini in cui Beethoven era raffigurato nell'atto di proteggere dall'alto un campo di battaglia, oppure contro i giornalisti che proponevano di organizzare volantinaggi aerei di spartiti beethoveniani sulle trincee per tener alto il morale. A conflitto finito, gli spartachisti di Liebknecht e Luxemburg connettevano apertamente Beethoven e lotta di classe, e il giornale Die rote Fahne (Bandiera rossa) scriveva: "Oggi egli serebbe considerato con sospetto come un estremo pericolo per lo Stato". Il suo comportamento egualitario con l'aristocrazia, i suoi ideali giacobini e la sua avversione alla tirannia facevano di lui "il poeta in musica della Democrazia". Dell'"eterno ribelle" e "figlio della rivoluzione" si esaltavano "le radici proletarie": il grand'uomo della classe lavoratrice conduceva il Quarto Stato verso l'utopia socialista. Tutto questo mentre la destra revanscista covava odio per la Repubblica di Weimar come "lo Stato anti-beethoveniano" in cui la politica culturale proletaria aveva il permesso di esprimersi. Giornali come Der Tag azzardavano che "se Beethoven fosse vissuto oggi, avrebbe ammirato Mussolini così come aveva rispettato Napoleone". La terminologia è la stessa ancor oggi scimmiottata dai neonazisti: un intellettuale come il musicologo Sandberger annotò che "il pugno sollevato da Beethoven appena prima di morire splende oggi come un simbolo che dice: vergognati se il materialismo, la meccanizzazione, l'orientalismo, l'americanismo e l'internazionalismo cambieranno la tua natura". Da qui agli arrampicamenti sugli specchi dell'ideologo Eichenauer, che per conto di Hitler dissipò tutti i dubbi sull'"impurità" razziale di Beethoven, il passo fu breve. La purga delle sospette tendenze quasi socialiste e cosmopolite di Beethoven fu brutale. Le pretese di territorialità su Beethoven avanzate dalla Germania dell'Est nel dopoguerra riecheggiarono, anche se in modo difensivo e non certo altrettanto bellicoso, la paranoia nazista. "Gli americani hanno disseminato di bombe la valle del Reno, se continua così la terra natale di Beethoven non esisterà più", ululava un pamphlet nel 1952. Ai propri cittadini la Ddr spiegava che Beethoven avrebbe dovuto essere tolto agli "imperialisti barbarici e antiumanisti" della Germania occidentale, che avevano perduto il diritto di goderlo. Ludwig van recuperò non soltanto il suo status di combattente per la libertà, ma, grazie anche al fatto che piaceva a Lenin, divenne l'anticipatore delle teorie marxiste. Socialismo reale in musica Beethoven l'universalista è rinato in Germania federale prima del crollo del Muro. "Che Beethoven possa ispirare i tedeschi a diventare fratelli non soltanto fra di loro, ma di tutto il mondo", conclude emotivamente l'autore. La travagliata Germania stavolta non mette colori al "Kuss der ganzen Welt", il "bacio a tutto il mondo" impartito dalla Nona . Maria Chiara Bonazzi |